Breve riflessione sul mio essere viaggiatore
Ci sono molti modi di viaggiare e di vivere una vacanza e personalmente ho una visione controcorrente anche sull’ essere turista.
Quando viaggiavo in auto e soggiornavo in hotel, mi sentivo molto turista: vivevo il luogo da lontano nonostante ci fossi fisicamente sopra.
Quando andavo via, il ricordo più profondo era la camera dell’albergo. Gli scatti fotografici e le riprese video non bastavano per radicarmi nei luoghi.
Col camper ho perso, finalmente, la vocazione turistica.
Mi sento invece uno straniero, più profondamente sono colui che è del luogo ma non ci vive stabilmente.
La mia stanza è sempre la stessa ma il vantaggio di poterla stabilire ovunque, genera un connubio col territorio che diventa paragonabile ad un amplesso.
C’è poi un altro aspetto anch’esso fuori dagli schemi, quello di non amare particolarmente la classica attrazione turistica.
Di fronte ad un monumento, ricevo meno spessore emotivo rispetto a ciò che mi trasmette ad esempio uno splendido scorcio di natura oppure il fascino dei piccoli ed antichi borghi. O ancora dalla bellezza architettonica delle città, quelle che attraverso i diversi colori dei muri delle case, la mattina sorgono insieme al sole.
C’è una bellissima frase che Pascal Mercier cita nel suo imperdibile libro “Treno di notte per Lisbona” e che mi rappresenta:
“Lasciamo sempre qualcosa di noi quando ce ne andiamo da un posto: rimaniamo lì anche una volta andati via. Ci sono cose di noi che possiamo ritrovare solo tornando in quei luoghi. Viaggiamo in noi stessi quando andiamo in posti che hanno fatto da cornice alla nostra vita e non importa quanto questi siano stati brevi”
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