Vivendo in camper ho cambiato radicalmente le mie abitudini riuscendo a stabilire il giusto equilibrio fra necessità e privazione
C’è una grande differenza fra la scelta e l’imposizione.
La scelta è una iniziativa democratica e autonoma, in qualsiasi contesto. L’imposizione è una privazione della propria libertà, un sopruso sui propri obbiettivi e sogni.
Quando scelsi il camper come abitazione, avevo ben chiaro quelli che erano i limiti del mio sogno.
Sapevo -e volevo- che avrei dovuto resettare tutti quei parametri che nei miei primi 48 anni erano stati la normalità di massa, quella linea continua, quella dottrina che ogni essere sa di dover percorrere come unica fonte di ispirazione/cospirazione.
Ero disposto a cambiare e cambiarmi ed anzi, il cambiare era il motivo principale di quella decisione.
Ma se invece il camper fosse stato un ripiego?
Un’ opzione senza alternativa?
La famosa “ultima spiaggia”?
Ecco.
In tale contesto sarebbe venuta a mancare la possibilità di preferenza che è una componente fondamentale nell’espressione filosofica della gettonatissima parola “libertà.
UNA VITA MINIMALISTA
In questi anni di vita sulle quattro ruote, sono riuscito nella titanica impresa di dissociarmi da ogni forma di conformismo.
Era la mia più grande sfida, perché 48 anni di ideologia consolidata non si espugnano con tanta facilità.
Ma la sorpresa più grande è stata quella di non sentire la mancanza del vecchio quotidiano, delle abitudini che comunemente univano la maggior parte delle persone.
Mi piaceva centellinare l’uso dell’acqua, risparmiare l’energia elettrica autoprodotta, disporre di una quantità di indumenti essenziale e soprattutto vivere in quegli spazi ridotti.
Questa vita minimalista a poco a poco si radicava anche nelle mie abitudini quotidiane al punto di viverle come la normalità.
Adoravo l’idea di parcheggiare la casa di fronte ad uno spettacolare panorama che avrebbe messo in secondo piano la pizzeria o il ristorante. Non sentivo la mancanza di cenare “fuori” perché avevo un’alternativa migliore.
Avevo anche capito che la quantità non viaggiava a braccetto con la felicità.
Mi accorsi che quei pochi indumenti che facevano parte del mio modesto guardaroba, erano più che sufficienti a non farmi desiderare nuovi acquisti.
In cucina non sentivo il bisogno di avere a disposizione un enorme numero di stoviglie, riuscivo con poche a coprire tutti i fabbisogni nella cottura e nell’impiattamento.
Anche l’idea di togliere il gas dal camper è stata una conseguenza di questa filosofia.
Per raggiungere un buon grado di sicurezza a bordo, ho preferito l’autonomia energetica data dal fotovoltaico e dall’accumulo delle batterie Lifepo4, pur sapendo che in casi estremi potrei essere stato in difficoltà, ipotesi che peraltro non si è mai presentata (leggi l’articolo TUTTO SUL MIO CAMPER GASFREE).
Scelta azzeccatissima poi, in un periodo di forti rincari dei carburanti -GPL incluso- voluto dagli assassini al governo che muovono i nostri fili “senza dare nell’occhio”.
Ovviamente fra i camperisti FULLTIMER ci sono esempi differenti dal mio, di persone che vivono in camper e non si “privano” di quello che era la loro precedente vita. O peggio di gente, abbandonata dalle istituzioni, costretta a vivere in una caravan o in un autocaravan perché senza tetto.
E’ un atteggiamento che ritengo rispettabile perché non tutti abbiamo e dobbiamo condividere un concetto universale di felicità e libertà.
Però, pensando al momento storico in cui ci hanno costretti, credo di sentirmi più pronto di altri a situazioni d’emergenza senza che queste possano portarmi a pensarle come privazioni, proprio perché ormai sono abitudini e fanno parte della mia felicità.
“C’è un solo modo per possedere tutto: non desiderare niente.”
EMILE MICHEL CIORAN